Olbia, basilica di San Simplicio (secc. XI-XII)

Tecniche e materiali

Nel panorama architettonico del Romanico sardo, il repertorio delle piante annovera anzitutto il tipo di chiesa a impianto longitudinale, con abside semicircolare a est. Le cattedrali e le chiese più importanti hanno tre navate, divise da arcate su colonne o su pilastri.

I capitelli sono talvolta esemplari in marmo di età romana, di reimpiego. Le navate possono avere coperture lignee o volte in pietra. Furono realizzate volte a botte, con o senza sottarchi, o a crociera. Diverse chiese, soprattutto nel XII secolo, ebbero un sistema di copertura misto: soffitto ligneo nella navata centrale e volta a botte o a crociera nelle laterali. I tetti esterni sono quasi sempre in tegole.

Altro tipo di pianta è quello a due navate, entrambe con absidi, usato per un gruppo di edifici del XII-XIII secolo, spesso con volta a botte. La maggior parte delle chiese romaniche della Sardegna, specie quelle di dimensioni minori, ha però pianta a navata unica, prevalentemente coperta in legno. In questo tipo di edificio caratterizzato da semplicità costruttiva manca il campanile a canna, sostituito da quello a vela innalzato sulla facciata.

A parte due chiese completamente costruite in mattoni, il materiale utilizzato è la pietra, tagliata in blocchi lavorati e messi in opera con cura. La disponibilità in cave locali determina l'uso di blocchi in pietra sedimentaria (calcare, arenaria, tufo) o vulcanica (granito, andesite). Quando è presente in forma di colonne o capitelli scolpiti, il marmo bianco è sempre frutto di reimpiego. Mancano infatti nell'isola cave di marmo bianco sfruttate in antico e capaci di fornire materiali in quantità utile all'attività estrattiva per fini edilizi.